Lisbona ha ospitato dal 1° al 6 agosto la Giornata Mondiale della Gioventù che ha raccolto intorno a papa Francesco migliaia di ragazzi e ragazze provenienti da tutti i continenti. Tra loro anche quelli delle parrocchie affidate in Italia ai Dottrinari: Vigevano, Vittoria, Salerno, Roma e Torino con la delegazione più numerosa. Li ha accompagnati e guidati padre Andrea Marchini, parroco di Gesù Nazareno in Torino. Giulia Fontanazza racconta la sua esperienza.
Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare. Tale sarà la tua discendenza. Questa è la prima frase che mi viene in mente ripensando a cosa è stata per me la Giornata Mondiale della Gioventù e con essa un’immagine: uno squarcio di folla che si prepara per la veglia, intravvista tra palazzi e alberi.
Basta un attimo di distrazione per sentirsi un piccolo puntino insignificante in mezzo a tanta gente, ma non è così che mi sono sentita. Ha ricordato il Papa in questi giorni che ognuno di noi è chiamato per nome. E così mi sono sentita, chiamata verso qualcosa di più grande di me, chiamata verso l’incontro con gli altri e chiamata a stare col Signore in un modo nuovo.
Sono inconsciamente partita con l’aspettativa di un’emozione travolgente e inconfondibile in cui avrei sentito il Signore, di un singolo momento che avrebbe cambiato tutta la mia vita, qualcosa di così forte da potermi dare le energie per affrontare tutto fino alla prossima occasione di ricarica. Non è stato così. Non ho avuto il tempo per farmi travolgere da una grande emozione, c’era sempre un dopo a cui pensare e prepararsi.
Ho avuto, però, qualcosa di cui, forse, avevo maggiormente bisogno: ho avuto la possibilità di vedere il Signore camminare con me. L’ho visto in tanti piccoli miracoli quotidiani, nella fatica che era tanta ma mai troppa, nel sostegno dei miei compagni di viaggio che quando mi sono sentita male mi hanno tenuta in piedi, nei canti, nelle persone incontrate e nelle parole sentite. Proprio perché si è trattato di un incontro continuo è difficile raccontare, trovare un ordine in qualcosa di così grande e complesso sebbene semplice e a portata di mano.
Da qualche anno che mi occupo di ragazzi più piccoli di me, cerco di far conoscere loro la bellezza dell’incontro con Dio, per restituire quello che qualcun altro mi ha dato. Per essere nutrimento per qualcuno, tuttavia, occorre nutrire sé stessi e, dopo un anno di carestia, ero affamata. Per questo, sebbene ancora stravolta da una settimana di campo estivo, mi sono alzata e sono partita in fretta.
Dopo un lungo viaggio con sosta a Lourdes per la notte, siamo finalmente giunti a Sintra dove c’era la scuola che ci ospitava per dormire. Solo dal giorno successivo mi sono resa davvero conto di dove fossi, più precisamente durante il viaggio in treno verso Lisbona. Parenti e amici mi hanno chiesto come fosse la città ma non so rispondere: in quei giorni la città è stata completamente riplasmata da giovani provenienti da tutto il mondo. Ogni treno, autobus, strada, chiesa era completamente piena di persone con il desiderio di scambiarsi qualcosa. Non importava se non ci saremmo più rivisti, ciascuno è stato fratello o sorella, e come tale ha ascoltato, raccontato, dato o chiesto consigli, oppure, semplicemente, mi ha insegnato parole in altre lingue o dialetti. Anche chi non era lì per la GMG è stato travolto dall’evento e, nonostante il caos che abbiamo creato, ci ha accolto con gentilezza ed entusiasmo.
Oltre agli incontri con le persone porto con me molte parole, sicuramente quelle del Papa ma anche quelle ascoltate durante le catechesi del mattino. Un concetto in particolare mi ha segnata: l’amore spezza. Quante volte ho sentito il mito greco delle anime perfette degli uomini poi divise per la gelosia di Zeus e condannate a vagare alla ricerca dell’amore che le completasse di nuovo. Idea romantica ma lontana da quella cristiana di un amore che porta a dare la vita. Decisamente più difficile e spaventoso, ma cosa importa se alla fine puoi dire che ne è valsa la pena?
Maria è stata la figura guida di questa Giornata Mondiale dei Giovani e sulla via del rientro mi ha fatto un ultimo regalo per la conclusione dell’evento. Anche al ritorno ci siamo fermati a Lourdes ma questa volta abbiamo avuto la possibilità di visitare la grotta all’interno del santuario di Nostra Signora di Lourdes. Davanti alla grotta ho avuto finalmente il tempo e la pace per iniziare a metabolizzare tutta l’esperienza. Dopo aver pregato mi sono alzata e ho visto alcune delle mie compagne di cammino sedute a terra in silenzio, lo sguardo rivolto all’icona di Maria. Ringrazio per quel silenzio, per quella vicinanza quieta e per aver avuto la possibilità di vedere quella scena con gli occhi pieni di bellezza.
È stata un’esperienza molto ricca, che mi ha aiutato a cambiare prospettiva e mi ha fatta sentire al posto giusto. Può sembrare banale, ma sentirsi compresi e vicini alle persone è un evento raro e prezioso nella vita. L’unica parola adatta a descrivere l’esperienza è forse solo una: grazie.